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E dalla scultura greca che larte occidentale vive di nostalgia, la perdita di un armonia classica che si ritrova ancora nei musei di archeologia, nella statuaria e nei resti dei templi disseminati nellEllade.
Arte classica per eccellenza era questa, epifania di una perfezione espressa attraverso lintesa tra pensiero e materia ed il sopravanzare del concetto veicolato dalla forma. Così anche i templi erano il risultato di un progetto che investiva anche lindagine del territorio, geografie del suolo e conoscenza degli elementi atmosferici. Tutto concorreva alla costruzione e dunque larchitettura era la sintesi di un intreccio tra il costruito e il preesistente naturale.
Dopo la classicità, come sappiamo, lellenismo diventa la cultura portante di una memoria che veicola perfezione e armonia della statuaria e dellarchitettura del classicismo greco. Lellenismo à proprio lespansione internazionale, fuori dal territorio ellenico, di un atteggiamento culturale che incontra altre culture fino ad arrivare alla positiva ibridazione dell arte grecoromana.
Questo significa che viviamo da sempre immersi nella postmodernità, frutto di contaminazione e citazione, riconoscimento di culture altre intrecciate tra loro, segno ulteriore di un allargamento dei confini e di una comunicazione tesa oltre ogni autarchia. Larte contemporanea é proprio lespressione di un ansia sconfinante e di una desiderio di scambio transnazionale, assimilazione di codici altrui che arrivano fino alla cleptomania di stili extra-comunitari, assunzione per esempio dellarte africana da parte del cubismo, del bricolage da parte del dadaismo e dellarte popolare da parte dellastrattismo che teorizza lopera totale.
Dunque modernità e postmodernità risultano essere le convergenze parallele di uno strabismo culturale ricco di esiti fino alla possibilità di sconfinare oltre lo specifico da parte delle avanguardie storiche e delle neo-avanguardie che hanno assunto a stabile strategia il metodo dellibridazione e della interdisciplinarietà.
Maria Cristina Crespo ha fondato su questo atteggiamento il suo metodo creativo per realizzare un vero e proprio teatro iconogra- fico in cui i personaggi e interpreti sono frutto di una citazione e rinvio alla letteratura, arte figurativa, filosofia, religione, affabulazione popolare, tutte attraversate da una fantasia che arriva alluso virtuale della storia passata.
Lopera dellartista romana nasce dalla sedimentazione di una sensibilità che si articola attraverso unattenzione trascorrente dallottica innocentemente creaturale a quella consapevole della maturità.
Libridazione é il risultato di una storia culturale alle spalle ma anche di una opzione personale, lo sconfinamento oltre la cornice di ogni specifico e lapprodo ad uno spazio franco e totale dove i generi si incontrano e dialogano tra loro.
Non cè purismo nellopera della Crespo, non pratica laboratori formali, piuttosto cerca lintensità epifanica di un immagine che è sempre frutto di un incontro.
Generi e linguaggi parlano tra loro secondo i dettami di un senso di onnipotenza che solo linfanzia e larte posseggono.
Romantico è lafflato poetico della Crespo per capacità di contaminazione tra cultura alta e quella bassa, affabulazione nordica e clima mediterraneo, grottesco e sublime.
I titoli appartengono sempre al campo del sublime, riferimento ad una lontananza storica e culturale vagheggiata ed arpionata dal desiderio.
Il desiderio si trasforma in citazione che rovescia nel presente dettami iconografici e ritagli formali. Il sublime per abitare il presente deve assumere necessariamente il tono del grottesco, attualizzazione di un passato altrimenti non passibile di fedele citazione.
Struggente è linfedeltà linguistica della Crespo che sembra filtrare attraverso lottica soggettiva loggettività di molte storie culturali. Forte è lo sforzo del soggetto, dellIo artefice di unopera che deve contenere regressione e veloce recupero del presente.
Per questo lopera della Crespo non è mai nostalgica, il sigillo del grottesco segue tutta la sua produzione come un ricordo trasferito nellattualità mediante lassunzione di un costante tono affabulatorio.
La felicità della fabulazione è temperata dalla lucida consapevolezza adulta dellartista che bagna ogni composita iconografia nella temperatura distorcente di uno stile quasi nordico e sicuramente espressivo.
Ogni composizione sembra assumere la frontalità del teatrino popolare, un teatro dei pupi capace di tradurre il sublime in delicate marionette del presente. Il senso del gioco muove dunque il processo creativo della Crespo che non vuole infantilizzare la cultura, piuttosto modellarla in una misura del presente, nella direzione tascabile di una memoria soggettiva.
Legno, stucco, creta, cartapesta, metalli vari, stoffa, carta,
stagnola, fiori tinti, pizzo, bijoux, oggetti trovati, riciclati,
fili di stoppa o di seta, polistirolo trattato, sughero, sono i
materiali costitutivi del suo universo iconografico. Addensati e
condensati in piccoli box di legno, da un formato 20 x 30 x 15 a
un massimo di 70 x 100 x 15.
Boîte en valise di una memoria che non dimentica naturalmente lironia dellarte contemporanea.
Quella che corre nella dimensione trasportabile del Dadaismo duchampiano, del surrealismo di Ernst fino alle scatole di Cornell.
Nella piccola e media dimensione si scatena per implosione il processo creativo che aggrega mondi culturali lontani, iconografie differenti e citazioni di generi disparati tra loro.
Associazione e condensazione reggono la polluzione fantastica della Crespo che sembra voler riprodurre nella piccola dimensione la misura densa e pure feroce della fantasia infantile.
In questo caso però larte è frutto di una tecnica e dunque di un elaborazione linguistica, applicazione adulta di un procedimento formativo per niente istintuale e selvaggio.
Necessario è lordine quando la casa si fa piccola, labitacolo è circoscritto in una architettura quasi tascabile. Lordine adulto della forma prende necessariamente il sopravvento per poter approdare allatto formativo.
Tale atto è il risultato di un intenso lavoro tecnico, intreccio tra manualità pittorica ed oggettuale, manipolazione di figure non soltanto dipinte ma realizzate tridimensionalmente sul piccolo palcoscenico dellopera.
Le figure hanno la dignità di presenze vestite di veri e propri abiti, pronte ad una rappresentazione ormai incancellabile.
Per questo portano su di sè il decoro dellabbigliamento, gli abiti di una festa particolare, quella del colloquio interno tra loro e quello della visibilità prodotta allesterno nella direzione dello spettatore.
Da qui si arguisce la destinazione inevitabilmente sociale dellopera, aperta allincontro col pubblico e pronta ad intercettarne attenzione e contemplazione.
Profonda è la scena prodotta dalla Crespo, costruita secondo i canoni della profondità prospettica che accoglie lo spazio del racconto come un alveo e un deposito protettivo. In qualche modo tale profondità sembra anche proteggere limmagine nella sua irruzione nel presente.
La profondità prospettica è naturalmente il riconoscimento della storia, frutto di una coscienza dellartista che oppone la sua costruzione alla bidimensionale spettacolarità del nostro presente.
Infatti locchio disabituato dello spettatore si trova a dover affrontare il disagio dello sprofondamento negli interni della scena, nellintrigo spaziale che condensa dentro di sé i diversi piani dell immagine.
Si crea una sintonia tra tale disagio, fertile provocazione prodotta dallopera, ed il grottesco in essa sprigionato. Lincontro dunque di un doppio sforzo, quello del creare e del contemplare, artista e pubblico, opera e corpo sociale.
Perciò il grottesco non è un semplice stile, piuttosto il frutto di una riflessione dellartista consapevole dellepoca in cui viviamo, attraversata dalla perdita dei modelli di bellezza e di quelli del vivere quotidiano.
La deformazione delle figure non è dissonante rispetto a un sereno guardare lopera darte. Semmai è loggettivo risultato di uno sforzo della memoria soggettiva in un presente oggettivamente senza memoria.
Larte diventa la salutare imposizione di tale sforzo, la delicata dittatura della fantasia individuale sullindifferenza collettiva della cosiddetta società moderna.
Essere moderni significa anche essere conflittuali. La Crespo sviluppa una sana conflittualità verso lesterno mediante la costruzione di un linguaggio abitato da figure che ricordano tutto, anche il proprio spiazzamento in un presente teoricamente inospitale.
Perciò la Crespo crea una sua ospitalità alle figure, le protegge attraverso la misura della dimensione e la cornice del box. Il campo così delimitato dellimmagine diventa una sorta di buco nero entro cui lo spettatore sprofonda la propria disattenzione per trovarsi allegramente atterrito di fronte alla miniaturizzazione della storia, diventata favola o dramma visivamente tascabile.
Ecco allora scaturire una sana tensione che si sviluppa dalliconografia dellopera e si propaga a cerchi concentrici verso lesterno come lepicentro di un terremoto che devasta salutarmente ogni codice spettacolare.
Larte adempie il suggerimento nicciano riguardante la necessità di distruggere per poter poi successivamente meglio costruire, prima la decostruzione e poi la strutturazione di nuovi universi iconografici.
Luniverso iconografico della Crespo è frutto di un profondo meticciato linguistico e disciplinare, ricco di forme e materiali fino ad un voluto ingorgo dello spazio che rasenta lhorror vacui del barocco.
La ricchezza di tale universo iconografico accoglie dentro di sé positivamente lincoerenza di poetiche formalmente contrapposte, la vitalità mediterranea del Barocco e la spiritualità quaresimale della letteratura nordica, il Quattrocento senese di Neroccio e del Sassetta e il Seicento di Domenico Fetti, o del polacco Bartolomeo Strobel, il Settecento di Fragonard e del Solimena e gli spiritualisti lionesi dellOttocento, il romanticismo di Friedrich e il Novecento della Scuola Romana.
Tale catalogazione di citazioni viene comunque inchiavardata dentro la cultura specificamente postmoderna degli ultimi decenni del nostro secolo condensati nel nomadismo culturale ed eclettismo stilistico della Transavanguardia.
Libridazione iconografica della Crespo trova il suo approdo definitivo nella titolazione delle opere, lintreccio tra il loro interno grottesco e lesterno sublime del titolo:Svenimento umbro, Veronica Massonica,Madrigale a Proserpina, Animula Bockliniana, Loscuro grembo del Tumulo.
Il grottesco dellopera richiede il sublime del titolo, sublimazione anche della sua difficoltà di comunicare la propria fertile inattualità. In tal modo la titolazione diventa un ulteriore operazione culturale dellartista che mette in vetrina le proprie immagini mediante lofferta moderna di un cartellino rassicurante e valorizzato da offerte lessicali come madrigale a un dolce usignolo oppure laltura del mondo appena nato.
Ecco farsi largo la coscienza fine secolo di Maria Cristina Crespo che per dare ospitalità alle figure del proprio immaginario e protezione al grottesco delle sue figure costruisce intorno allopera un perimetro letterario che vaporizza ogni difficoltà e rende accessibile lopera sconfiggendo la disattenzione del corpo sociale.
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