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Larte contemporanea é soprattutto lespressione di unansia sconfinante e di un desiderio di scambio transnazionale, assimilazione di codici altrui che arrivano fino alla cleptomania di stili extra-comunitari, assunzione per esempio dellarte africana da parte del cubismo, del bricolage da parte del dadaismo e dellarte popolare da parte dellastrattismo che teorizza lopera totale.
Modernità e postmodernità dunque risultano essere le convergenze parallele di uno strabismo culturale ricco di esiti fino alla possibilità di sconfinare oltre lo specifico da parte delle avanguardie storiche e delle neo-avanguardie che hanno assunto a stabile strategia il metodo della interdisciplinarietà e dellibridazione.
Maria Cristina Crespo ha fondato su questo atteggiamento il suo metodo creativo per realizzare un vero e proprio teatro iconografico in cui personaggi e interpreti sono frutto di una citazione e rinvio alla letteratura, allarte figurativa, alla filosofia, alla religione, alla affabulazione popolare, tutte attraversate da una fantasia che arriva alluso virtuale della storia passata.
Nelle opere realizzate nellatelier di Gibellina, così come in tutti i suoi lavori, la Crespo utilizza materiali disparati per realizzare teatrini dello stupore grottesco, capaci di portare lo sguardo dello spettatore dentro le prospettive di uno spazio miniaturizzato, fantasioso e labirintico. Lopera dellartista romana nasce dalla sedimentazione di una sensibilità che si articola attraverso unattenzione trascorrente dallottica innocentemente creaturale a quella consapevole della maturità.
Libridazione é il risultato di una storia culturale alle spalle ma anche di una opzione personale, lo sconfinamento oltre la cornice di ogni specifico e lapprodo ad uno spazio franco e totale dove i generi si incontrano e dialogano tra loro. Non cè purismo nellopera della Crespo, non pratica laboratori formali, piuttosto cerca lintensità epifanica di un immagine che è sempre frutto di un incontro.
Generi e linguaggi parlano tra loro secondo i dettami di un senso di onnipotenza che solo linfanzia e larte posseggono. Lafflato poetico della Crespo è romantico per capacità di contaminazione tra cultura alta e bassa, affabulazione nordica e clima mediterraneo, grottesco e sublime.
Al campo del sublime appartengono sempre i titoli , riferimento ad una lontananza storica e culturale vagheggiata ed arpionata dal desiderio. Il desiderio si trasforma in citazione, che rovescia nel presente dettami iconografici e ritagli formali.
Il sublime per abitare il presente deve assumere necessariamente il tono del grottesco, attualizzazione di un passato altrimenti non passibile di fedele citazione. Struggente è linfedeltà linguistica della Crespo che sembra filtrare attraverso lottica soggettiva loggettività di molte storie culturali.
Forte è lo sforzo del soggetto, dellIo artefice di unopera che deve contenere regressione e veloce recupero del presente. Per questo lopera della Crespo non è mai nostalgica, anche se a volte può sembrarlo; il sigillo del grottesco segue tutta la sua produzione come un ricordo trasferito nellattualità mediante lassunzione di un costante tono affabulatorio.
La felicità della fabulazione è temperata dalla lucida consapevolezza adulta dellartista che bagna ogni composita iconografia nella temperatura distorcente di uno stile quasi nordico e sicuramente espressivo.
Ciascuna composizione sembra assumere la frontalità del teatrino popolare, un teatro dei pupi capace di tradurre il sublime in delicate marionette del presente.
Il senso del gioco muove dunque il processo creativo della Crespo che non vuole infantilizzare la cultura, piuttosto modellarla in una misura del presente, nella direzione tascabile di una memoria soggettiva.
I più svariati materiali e oggetti sono addensati e condensati, assieme ai personaggi modellati in stucco, in fil di ferro e nylon intrecciato alla maniera delle antiche mummie egizie, in paesaggi in rilievo, resi con tecnica simile al cartonnage egizio, in box di legno. Boîte en valise di una memoria che non dimentica naturalmente lironia dellarte contemporanea, la stessa che corre nella dimensione trasportabile del Dadaismo duchampiano, del surrealismo di Ernst e Dalì, fino alle scatole di Cornell.
Qui dentro si scatena per implosione il processo creativo che aggrega mondi culturali lontani, iconografie differenti e citazioni di generi disparati tra loro. Associazione e condensazione reggono la polluzione fantastica della Crespo che sembra voler riprodurre nella piccola dimensione la misura densa e pure feroce della fantasia infantile.
Larte però è sempre frutto di una tecnica e dunque anche in questo caso di una elaborazione linguistica, applicazione adulta di un procedimento formativo per niente istintuale e selvaggio. E necessario lordine quando la casa si fa piccola, labitacolo è circoscritto in una architettura quasi tascabile.
Lordine adulto della forma prende necessariamente il sopravvento per poter approdare allatto formativo. Tale atto è il risultato di un intenso lavoro tecnico, intreccio tra manualità pittorica ed oggettuale, manipolazione di figure non soltanto dipinte ma realizzate tridimensionalmente sul piccolo palcoscenico dellopera.
Le figure hanno la dignità di presenze vestite di veri e propri abiti, cuciti e applicati come in un rituale sacro, pettinate acconciate e pronte ad una rappresentazione ormai incancellabile. Portano su di sè il decoro dellabbigliamento, gli abiti di una festa particolare, quella del colloquio interno tra loro e quella della visibilità prodotta allesterno nella direzione dello spettatore.
Da qui si arguisce la destinazione inevitabilmente sociale dellopera, aperta allincontro col pubblico e pronta ad intercettarne attenzione e contemplazione.
Profonda è la scena prodotta dalla Crespo, costruita secondo i canoni stravolti di una profondità prospettica contratta, che accoglie lo spazio del racconto come un alveo e un deposito protettivo.
In qualche modo tale profondità sembra proteggere limmagine nella sua irruzione nel presente e fungere naturalmente da elemento di riconoscimento della storia, frutto di una coscienza che intende opporre la propria costruzione alla bidimensionale spettacolarità del nostro presente. Si vuole creare una sintonia tra una sorta di disagio nello spettatore, disabituato a sprofondare nella scena, fertile provocazione prodotta dallopera, ed il grottesco in essa sprigionato. Il grottesco qui non è un semplice stile, piuttosto il frutto di una riflessione dellartista consapevole dellepoca in cui viviamo, attraversata dalla perdita dei modelli di bellezza e di quelli del vivere quotidiano.
Essere moderni significa anche essere conflittuali. La Crespo sviluppa una sana conflittualità verso lesterno mediante la costruzione di un linguaggio abitato da figure che ricordano tutto, anche il proprio spiazzamento in un presente teoricamente inospitale. Così lartista crea una sua ospitalità alle figure, le protegge attraverso la misura della dimensione e la cornice del box.
Il campo così delimitato dellimmagine diventa una sorta di buco nero entro cui lo spettatore sprofonda la propria disattenzione per trovarsi allegramente atterrito di fronte alla miniaturizzazione della storia, diventata favola o dramma visivamente tascabile. Ecco allora scaturire una sana tensione che si sviluppa dalliconografia dellopera e si propaga a cerchi concentrici verso lesterno come lepicentro di un terremoto che devasta salutarmente ogni codice spettacolare.
Il suggerimento nicciano riguardante la necessità di distruggere per poter poi successivamente meglio costruire è qui realizzato; prima la decostruzione e poi la strutturazione di nuovi universi iconografici. Il ricchissimo universo iconografico della Crespo è frutto di un profondo meticciato linguistico e disciplinare, ricco di forme e materiali fino ad un voluto ingorgo dello spazio che rasenta lhorror vacui del barocco.
Accoglie dentro di sé positivamente lincoerenza di poetiche formalmente contrapposte, la vitalità mediterranea del Barocco e la spiritualità quaresimale della letteratura nordica, il Quattrocento senese elegante e colorato di Neroccio e del Sassetta e il Seicento inquietante di Domenico Fetti, o del polacco Bartolomeo Strobel, il Settecento sensuale di Fragonard e latmosfera da santino degli spiritualisti lionesi dellOttocento, il romanticismo delle vedute nitide di Friedrich e il Novecento disfatto della Scuola Romana.
Una simile galleria di citazioni viene comunque inchiavardata dentro la cultura specificamente postmoderna degli ultimi decenni del nostro secolo condensati, basti pensare alla Transavanguardia, nel nomadismo culturale ed eclettismo stilistico.
Libridazione iconografica della Crespo trova il suo approdo definitivo nella titolazione delle opere, lintreccio tra il loro interno grottesco e lesterno sublime del titolo:Svenimento umbro, Veronica Massonica,Madrigale a Proserpina, Animula Bockliniana, Loscuro grembo del Tumulo, Retablo di chi è passato prima di me (con versi di Raffaele Carrieri).
Il grottesco dellopera richiede il sublime del titolo, sublimazione anche della sua difficoltà di comunicare la propria fertile inattualità. In tal modo la titolazione diventa una ulteriore operazione culturale dellartista che mette in vetrina le proprie immagini mediante lofferta moderna di un cartellino rassicurante e valorizzato da offerte lessicali come madrigale a un dolce usignolo oppure laltura del mondo appena nato.
Ecco farsi largo la coscienza fine secolo di Maria Cristina Crespo che per dare ospitalità alle figure del proprio immaginario e protezione al grottesco delle sue figure costruisce intorno allopera un perimetro letterario che vaporizza ogni difficoltà e rende accessibile lopera sconfiggendo la disattenzione del corpo sociale.
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